Umberto Eco e le liste vertiginose: lezioni per l’architettura dell’informazione
In base a quale criterio suddividiamo un insieme di oggetti in classi? Esiste un unico criterio valido per classificare? 'Vertigine della lista' di Umberto Eco esplora i problemi ancestrali di ogni classificazione. Una lettura imperdibile per ogni architetto dell'informazione.
Lettura: 4 minuti

Gli oggetti in serie e le serie in genere esercitano da sempre su di me un fascino irresistibile. Ecco perché il nuovo libro di Umberto Eco, Vertigine della lista, mi ha subito catturato. E fornito quasi intellettuale conforto alla mia insana mania: perché dedicare un intero volume alle liste?
Al di là delle personali passioni – anche Eco confessa la sua inclinazione all’enumerazione – la lista costituisce indiscutibilmente la prima forma di organizzazione e classificazione. Richiamando da vicino il modo più spontaneo con cui organizziamo i documenti sul nostro tavolo da lavoro: quello mediante pile. Inoltre, se ci pensiamo bene, anche i modelli più complessi di organizzazione (tassonomie, faccette ecc.) non sono altro che liste combinate fra loro. Liste più complesse, che anziché svilupparsi su un solo livello, si nidificano e si articolano in più livelli.
Ma il libro di Eco è di particolare interesse perché si sofferma sul lato oscuro delle liste, quelle che sfuggono al controllo fino a scivolare nell’enumerazione caotica, violando apparentemente ogni regola di ordine (tanto per restare in tema di mania). In effetti, il cuore di questa ricerca riguarda uno dei problemi ancestrali di ogni classificazione: in base a quale criterio decidiamo che un insieme di elementi debbano stare insieme, e in quell’ordine?
Lista scientifica o lista pratica?
Il sogno di ogni filosofia e ogni scienza sin dalle origini greche è stato quello di conoscere e definire le cose per essenza, e sin da Aristotele la definizione per essenza è stata quella capace di definire una data cosa come individuo di una data specie e questa a sua volta come elemento di un dato genere.
[…] Se ci pensiamo bene questo è lo stesso procedimento che segue la tassonomia moderna quando definisce la tigre o l’ornitorinco. Naturalmente il sistema delle classi e sottoclassi è più complicato, per cui la tigre apparterrebbe alla specie Felis Tigris, del genere Felis, famiglia dei Felidi, subordine dei Fissipedi, ordine dei Carnivori, sottoclasse dei Placentalia, classe dei Mammiferi; e l’ornitorinco apparterrebbe a una famiglia di mammiferi monotremi (Umberto Eco, Vertigine della lista, p. 217).
La definizione per essenza stabilisce un relazione genere-specie di un oggetto con un altro, sulla base di un criterio stabilito a priori, scientifico. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, il nostro modo di organizzare segue un criterio occasionale, basato sull’esigenza pratica o sull’occasionalità. Ma anche quando ci illudiamo di impiegare un criterio “scientifico” tale criterio si rivela alla fine sfuggente e tutt’altro che stabile.
Dopo più di un secolo di dibattiti oggi siamo giunti alla conclusione che non esiste un criterio scientifico, universalmente valido, per organizzare l’informazione. L’unico criterio valido è lo scopo del sistema stesso; e lo scopo è legato inevitabilmente al contesto, alla cultura, alle persone che lo progettano e lo adoperano. Umberto Eco ci ricorda così che
dalla sua scoperta in avanti, prima di definire l’ornitorinco come mammifero monotremo ci sono voluti ottant’anni, nel corso dei quali si è dovuto decidere come e dove classificarlo, e sino a quel momento esso è restato, inquietantemente, qualcosa di grande come una talpa, con occhi piccoli, le zampe anteriori che presentavano quattro artigli ed erano unite da una membrana, più grande di quella che univa gli artigli delle zampe posteriori, la coda, il becco di un’anatra, le zampe con cui nuotava e che usava anche per scavarsi la tana, la capacità di far uova e quella di nutrire i propri piccoli col latte delle sue mammelle.
[…] D’altra parte se un bambino chiede alla mamma che cosa e come sia una tigre, la mamma difficilmente risponderebbe che è un mammifero dei placentalia o un carnivoro fissipede, ma direbbe piuttosto che è una bestia feroce che sembra un gatto ma è più grosso, è agilissima, gialla e striata di nero, vive nella giungla, all’occorrenza è mangiatrice d’uomini, e così via (Umberto Eco, Vertigine della lista, pp. 217-218).
La “pressione del contesto”
Il problema della scientificità di una lista, e di ogni altra forma di organizzazione, è scalzato da quello della praticità o empiricità di una classificazione. Ogni sistema di classificazione ha finalità pratiche: organizzare oggetti e informazioni per facilitarne la gestione, il ritrovamento, lo scambio. Soprattutto quando non sia esclusivamente indirizzato a gruppi ristretti di specialisti, esso deve rendere ovvie certe relazioni e non altre, dev’essere adatto allo scopo per cui è stato concepito. Umberto Eco parla a questo proposito di “pressione del contesto”. Vale a dire che è il contesto (storico, sociale, culturale) a dare coerenza a un insieme di oggetti anche quando questo insieme può apparirci del tutto incongruo. Nella knowledge organization si parla a questo proposito di salienza.
Prendiamo ad esempio questa lista:
Bacigalupo, Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert.
Per molti è probabilmente una lista di nomi di cui però è difficile cogliere il nesso. Anche un giovane accanito sportivo potrebbe avere difficoltà a riconoscere nella lista la celebre formazione del Torino del 1949. Il fattore tempo e il fattore cultura giocano in questo come in (tutti gli) altri casi un ruolo fondamentale.
Vertigine della lista
Vertigine della lista è un libro di grande eleganza, un bellissimo esempio di information design e di scrittura, capace di spiegare in modo semplice concetti complessi. Da leggere per intero se si è onnivori, oppure da spizzicare qua e là, o ancora da consultare come una sorta di enciclopedia (ogni capitolo funziona piuttosto bene anche autonomamente). Anche lo stile è adeguato ai diversi appetiti, e adatto tanto all’esperto quanto al novizio; tanto al filosofo o al semiologo quanto all’architetto dell’informazione – con uno stile essenziale e poco accademico a metà fra saggio e romanzo.
Ogni capitolo è così composto:
- una sintetica ma efficacissima introduzione al tema
- un ricco apparato iconografico sull’argomento
- un’antologia di testi letterari.
Un libro da prendere in mano almeno una volta, per chiunque a qualunque titolo lavori nel settore della gestione dell’informazione.