Bisettrici manichee e altri delitti (della scrittura)

Un bel libro rovinato da esibizionismi linguistici che rischiano un effetto comico. Un'occasione in più per riflettere sull'usabilità della scrittura.

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Ritagliata in losanghe cangianti, la luce tenta di mimare le zone di luce e di ombra, che proiettano le identità dei personaggi. Nell’universo noir, la doppiezza regna incontrastata; e la bisettrice manichea è scalzata da confini mobili e sfrangiati fra bene e male.

Questo leggo a p. 61 del saggio Album Tabucchi di Thea Rimini. Perché rovinare così un libro? Questo saggio è infatti una bellissima analisi del rapporto scrittura-immagine (cinema, pittura e fotografia) in Antonio Tabucchi. Ma trovate linguistiche come quella citata, che di tanto in tanto fanno capolino nel testo, sono macchie che rischiano di offuscare l’intero lavoro. E l’effetto non è colto, ma comico.

Tecnicismo vs tecnico, fumo vs arrosto

Purismi, cultismi, accademismi… gli -ismi sono sempre negativi, qualunque ne sia l’origine. Mi viene in mente in questo senso la distinzione termine tecnico vs tecnicismo.

Gli pseudotecnicismi sono parole o locuzioni dall’apparenza specialistica, ma in realtà prive di un’autentica necessità concettuale. Esse vengono utilizzate per pigrizia, per conformismo, e per conferire ai testi una parvenza di formalità se non, addirittura, di sacralità. Diversamente dallo pseudotecnicismo, il termine tecnico è indispensabile per indicare un concetto o una categoria esistente solo in un determinato settore del sapere (Luisa Carrada, Limpide parole sull’oscurità dei giuristi).

Il ricorso agli pseudotecnicismi è un vezzo particolarmente diffuso non solo nella pubblica amministrazione o nel settore aziendale – il burocratese, l’aziendalese ecc.; ma anche in certo ambiente accademico – ed ecco l’accademichese. Che è nei casi peggiori un modo per dare parvenza d’arrosto a qualcosa che è in realtà soltanto fumo; nei casi migliori un modo per complicare inutilmente ciò che si potrebbe dire molto più semplicemente. E semplicità non significa povertà. Ecco qualche altro esempio.

Laddove lo scrittore italiano, sulla scorta di Ejzenstejn, sovverte la frigida realtà delle cose […]

Ancor prima di conoscersi, Tabucchi e Angelopulos si fanno, negli stessi anni, aedi brechtiani dell’Italia e della Grecia. Dal loro canto nasce un dolente montaggio (Thea Rimini, Album Tabucchi, pp. 33, 35).

Finale cinematografico

Ecco, ma chi scrive queste cose, non è che la sera, magari prima di addormentarsi, ha un momento di rimorso? (Nanni Moretti, Caro diario).