La scrittura oltre i confini. ‘Inverno’ di Alessandro Vanoli
‘Inverno. Il racconto dell’attesa’ di Alessandro Vanoli è un libro che si muove fra saggio e racconto, un esempio di scrittura vivida che travalica i confini fra i generi, un modello per copy, ux writer e chiunque lavori con le parole.
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Oltre i confini
Può esistere una scrittura che superi il confine fra saggio e racconto? E quello fra i generi, fra letteratura alta e letteratura popolare? La risposta è sì, esiste. Una sottile lingua di terra abitata da pochi grandi. Come Roberto Longhi, Gianfranco Contini, Giorgio Manganelli, Carlo Rovelli… per citare quelli più vicini a noi. Da poco ho scoperto un altro cittadino di quest’istmo fascinosissimo: Alessandro Vanoli.
Sì, perché esiste la buona e la cattiva scrittura, e questa travalica i generi e i media. Certo, ogni genere e media ha le sue specificità, ma la scrittura vera è alla fine quella in grado di regalarci esperienze memorabili, e queste vanno oltre le ripartizioni accademiche.
Così, una delle esperienze di lettura più felici del 2019 (e forse di sempre) è Inverno di Alessandro Vanoli. Difficile dire se si tratti di un saggio che sconfina nel racconto o di un racconto che è anche un saggio. Ne è spia il sottotitolo del libro: Il racconto dell’attesa.
Le stagioni come chiave di lettura
L’idea è tanto semplice quanto straordinaria: raccontare la storia attraverso una stagione, l’inverno appunto. (Le altre stagioni seguiranno). Una scelta che sulle prime potrebbe sembrare gratuita. E che invece si rivela illuminante, perché questa prospettiva consente di cogliere aspetti che nei libri di storia sono in genere assenti, ma che sono invece indispensabili per comprendere a fondo la cultura e la società di un periodo, e il loro evolversi.
Le stagioni infatti sono solo parzialmente un fatto temporale; sono anzitutto un’esperienza sensoriale, emotiva, di consuetudini. Aspetti, questi, che permettono di penetrare quelle pieghe della storia trascurate dai manuali, senza le quali la storia diventa arida e soprattutto poco comprensibile. Ecco allora che la storia raccontata da Vanoli fonde insieme linguaggio, arte, musica, tradizioni popolari e tanto altro. E per farlo utilizza uno stile narrativo più vicino al romanzo che al trattato accademico. Ma senza rinunciare né alla precisione del trattato (Vanoli è uno storico di rilievo), né all’affabulazione del romanzo. Alessandro Vanoli si muove con eleganza da un genere all’altro senza fratture: le sue pagine acquistano così una potenza evocativa tale da catapultarci dentro la scena.
Un assaggio
Ti racconto l’inverno.
E lo conosci da sempre. Ti attende, fuori dalla finestra, incorniciato dai vetri spessi e appannati: in un bianco silenzioso manto posato su alberi e montagne, che illumina la notte di una luce vivida e calda. Il silenzio tutto attorno, dei suoni ovattati nella neve, di una natura che trattiene il respiro in attesa di altre stagioni, di una fredda gentile morte che porta in sé nascosta la promessa della vita. E noi qui dentro al caldo di un fuoco acceso, a raccontare storie coi volti animati dai riflessi delle fiamme e un odore di legna tutt’attorno.
Così comincia Inverno. Il racconto dell’attesa. E così finisce.
La lezione del freddo è antica, bisogna solo ritrovarla. E l’esercizio della storia serve anche a questo: rimettere a posto i pezzi. Raccontarci di cosa siamo fatti e chi, probabilmente, nel profondo siamo ancora.
Vi ricordate? chiudiamo gli occhi, facciamo che una folata gelida spenga d’improvviso il fuoco innanzi a noi; e tutto si dissolva lasciandoci soli in una terra bianca e gelata; poi scompaiano le case, gli alberi e le strade e quell’immensa piana scintillante di neve prenda a prolungarsi all’infinito, in ogni direzione.
Ecco adesso fate silenzio: la sentite?
La sentite quella vibrazione sorda che sale dalla terra, lontano?
Quel basso tremore e quella massa scura d’animali che s’avvicina a poco a poco. Come fosse una tempesta di neve e di ghiaccio…Allora muovetevi! Perché loro stanno arrivando! … E voi siete tornati.
Niente note a piè pagina, ma alla fine del volume il capitolo Libri, storie, persone: dietro l’inverno contiene i riferimenti puntuali a ciascun argomento trattato. Anche stavolta in forma di racconto – e rendere perfino una bibliografia una narrazione affascinante è operazione davvero ardua. Molti accademici bacchettoni storceranno il naso di fronte a questo libro, perché sanno scrivere solo in un modo, autoreferenziale e incomprensibile ai più. Viceversa, i grandi si muovono con naturalezza su tutta la tastiera della lingua e dei generi, e si lasciano leggere con piacere da chiunque.
In conclusione
Esperienza e user experience sono oggi parole molto popolari in settori come il design, i media, e persino l’imprenditoria. La scrittura, l’arte e la musica sono fra le forme più alte di esperienza. Attraverso di loro diamo forma al mondo. E quando queste riescono a oltrepassare i confini fra discipline, culture, generi, e addirittura a contaminarsi fra loro, allora ciò che possono regalarci è memorabile. Qualunque altra forma di user experience design dovrebbe guardare a queste esperienze fondamentali.