Ma è proprio vero che su schermo non leggiamo?
I manuali ribadiscono costantemente che su schermo non leggiamo le pagine, ma le scorriamo; eppure anche su piccoli schermi possiamo immergerci in letture profonde: la contraddizione è solo apparente.
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I manuali sull’usabilità web ribadiscono costantemente che su schermo le persone non leggono, ma scorrono le pagine. Se ci pensiamo bene, anche nel mondo analogico le persone tendenzialmente non leggono: non leggono istruzioni, segnali, messaggi di vario genere. Eppure sia nel mondo digitale sia in quello analogico siamo capaci di immergerci in letture profonde e prolungate. E allora dov’è la verità?
Leggiamo o non leggiamo su web?

La contraddizione è solo apparente. Entrambe le affermazioni sono vere: quella che sul web (e non solo) non leggiamo; e quella che perfino su piccoli schermi possiamo immergerci in letture profonde, anche di contenuti complessi. La chiave è che
il nostro cervello non è nato per leggere: leggere è un guardare riadattato.
La storia di questo adattamento è stata indagata a fondo da Maryanne Wolf, neuroscienziata statunitense studiosa dei processi cognitivi sottesi alla lettura.
Non siamo nati per leggere. È passato solo qualche migliaio di anni dall’invenzione della lettura. La lettura è una delle uniche invenzioni più straordinarie della storia. Ma questa invenzione dei nostri antenati è stata possibile solo grazie alla straordinaria capacità del cervello umano di stabilire nuovi collegamenti tra le sue strutture preesistenti; un procedimento reso possibile dalla sua abilità a essere modellato dall’esperienza. Questa plasticità che sta al cuore della struttura del cervello è la base di gran parte di ciò che siamo e di ciò che possiamo diventare (Maryanne Wolf, Proust e il calamaro, p. 9).
La lettura è un’azione faticosa. Così, quando legge, il nostro cervello lavora al risparmio. Non solo su web, ma anche nel mondo analogico. Inizialmente diamo una rapida occhiata o poco più; solo in un secondo momento, se ciò che abbiamo visto sembra utile, passiamo alla lettura vera e propria. Chiaramente il tutto è influenzato anche dal tipo di obiettivo che abbiamo: ricerca di informazioni, completamento di una transazione ecc. Ho osservato questo comportamento in numerose situazioni.
Dallo scanning alla lettura profonda
La sintesi migliore sul tema della lettura su schermo è a mio parere quella del sito UX Myths. Che spiega che “Le persone sul web leggono parola per parola solo quando sono realmente interessate al contenuto”. Altrimenti, di norma, scorrono le pagine alla ricerca di parole evidenziate, titoli significativi, liste. UX Myths riporta come sempre molti studi a supporto di questa affermazione.
Quindi, lo scorrimento è una sorta di comportamento di default che mettiamo in atto per risparmiare tempo e fatica finché non troviamo ciò che ci interessa. A questo punto può scattare la lettura vera e propria. Ma anche nell’ambito della stessa interazione possiamo alternare più volte scorrimento e lettura. Ad esempio quando dopo aver letto alcuni paragrafi di un testo ne troviamo altri poco utili che decidiamo di scorrere velocemente fino a che non troviamo altro contenuto d’interesse.
Carta vs schermo: opportunità e rischi
Se fra carta e schermo c’è una continuità e complementarietà, permangono anche differenze importanti. Su schermo la tendenza allo scanning si esaspera. Diverse ricerche dimostrano che la lettura e soprattutto lo studio su carta hanno dei vantaggi rispetto a quelli su schermo: memoria e apprendimento sono facilitati.
Ma è vero anche che il comportamento che adottiamo più spesso nella lettura su schermo sta retroagendo sulla lettura su carta, per cui anche il mondo dell’editoria si sta adattando, e anche i testi cartacei sono concepiti in chiave più modulare rispetto al passato. Questa tendenza non è esente da rischi. Non si tratta di fare crociate pro o contro la carta, ma il rischio che una lettura sempre più veloce e frammentata possa portare con sé un impoverimento, una diminuzione della capacità di immergersi e comprendere testi complessi è reale. Maryanne Wolf ha scritto che lo skimming è la nuova modalità di lettura. Lo skimming – letteralmente “scrematura” – è una modalità di scorrimento veloce del testo alla ricerca di titoli, parole chiave o altri elementi capaci di suggerire il senso generale del contenuto.
Molti lettori oggi usano uno schema a F o Z per leggere; assaggiano la prima riga e poi passano in rassegna il resto del testo. Quando il cervello del lettore procede in questo modo, riduce il tempo dedicato ai processi di lettura profonda. In altre parole, non abbiamo il tempo di cogliere la complessità, di capire i sentimenti dell’altro, di percepire la bellezza.
La possibilità che l’analisi critica, l’empatia e altri processi di lettura profonda possano diventare i “danni collaterali” involontari della nostra cultura digitale non è una semplice questione binaria tra lettura cartacea e digitale.
Dobbiamo coltivare un nuovo tipo di cervello: un cervello “bi-alfabetico” in grado di leggere le forme più profonde di pensiero sia in formato digitale sia tradizionale. Da questo dipende molto: la capacità dei cittadini di una democrazia vivace di provare altre prospettive e discernere la verità; la capacità dei nostri figli e nipoti di apprezzare e creare la bellezza; e la capacità di noi stessi di andare oltre l’attuale eccesso di informazioni per raggiungere la conoscenza e la saggezza necessarie a sostenere una buona società (Maryanne Wolf, Skim reading is the new normal).