Tempo della fisica e tempo del digitale. ‘L’ordine del tempo’ di Carlo Rovelli
Il post-digitale incrina l’idea moderna di uno spazio e un tempo lineari, e li rende vicini a quelli teorizzati dalla fisica quantistica.
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Indice
- Perché leggere questo libro
- Tempo della fisica e tempo del post-digitale
- Breve storia del tempo
- Il tempo post-digitale
- L’ordine del tempo: una lezione di stile
Perché leggere questo libro
Perché un libro di fisica dovrebbe riguardare il design? Perché quello di Rovelli è un libro sul tempo, e il tempo è la base di ogni nostra esperienza (insieme allo spazio). Il tempo è quindi un tessuto fondamentale anche del design, a maggior ragione di quel tipo particolare di design che è il design delle esperienze. E intendo design nella sua accezione più ampia, dalla letteratura al cinema ai servizi. Design come creazione di mondi, di luoghi e di tempi.
Che il design tutto abbia a che fare con lo spazio è facile da cogliere; meno scontato è il suo rapporto con il tempo. È proprio quest’ultimo aspetto che approfondirò in quest’articolo.
Tempo della fisica e tempo del post-digitale
Come la terra piatta, il tempo che scorre è una percezione errata frutto della nostra prospettiva.
Pensiamo comunemente il tempo come qualcosa di semplice, fondamentale, che scorre uniforme, incurante di tutto, dal passato verso il futuro, misurato dagli orologi. Bene, tutto questo si è rivelato falso (Rovelli, L’ordine del tempo, p. 15).
Il tempo come entità assoluta e sincronizzata è un’acquisizione moderna. Per la fisica quantistica, l’idea di un tempo elementare e primitivo che scorre indipendentemente dalle cose non esiste. Così come non esiste quella di uno spazio continuo che contiene le cose. Se la molteplicità di spazio e tempo riguarda tutta la realtà, finora è stata più evidente nell’infinitamente grande (astrofisica) e nell’infinitamente piccolo (fisica delle particelle).
Il post-digitale rende evidente questa molteplicità anche nel quotidiano: incrina definitivamente l’idea moderna di uno spazio e un tempo lineari, e li avvicina a quelli teorizzati dalla fisica quantistica.
Le equazioni fondamentali della gravità quantistica sono effettivamente fatte così: non hanno una variabile tempo. All’inizio nessuno capiva cosa significasse un’equazione senza la variabile tempo (Rovelli, L’ordine del tempo, pp. 103-104).
Breve storia del tempo
L’esistenza di un tempo unitario e sincronizzato è una conquista recente. Per secoli, finché si viaggiava a cavallo, a piedi o in carrozza, non c’era motivo di sincronizzare orologi da un luogo all’altro. C’era un ottimo motivo per non farlo: mezzodì è per definizione quando il sole è più alto nel cielo. Ogni città o villaggio aveva una meridiana che accertava il momento in cui il sole era al mezzodì e permetteva di regolare l’orologio del campanile, che tutti potevano vedere. […] Nel XIX secolo arriva il telegrafo, i treni diventano comuni e veloci, e il problema di sincronizzare bene gli orologi da una città all’altra si fa importante. È scomodo organizzare orari ferroviari se ogni stazione ha un’ora diversa dalle altre. Gli Stati Uniti sono il primo paese a cercare di standardizzare l’ora (Rovelli, L’ordine del tempo, pp. 56-59).
Un secolo dopo l’arrivo del tempo sincronizzato, la relatività prima e la fisica quantistica poi ci dicono che questo tempo uniforme è un’illusione. Un’approssimazione frutto della nostra prospettiva limitata. Il tempo non è unico ma molteplice.
I cambiamenti non sono ordinati lungo un’unica successione ordinata: la struttura temporale del mondo è più complessa che una semplice successione lineare di istanti. […] la struttura temporale del mondo […] non è un accadere globale ordinato. È un accadere locale e complesso, che non ammette di essere descritto nei termini di un unico ordine globale (Rovelli, L’ordine del tempo, pp. 97, 100).
Il tempo post-digitale
Ora, il post-digitale torna a mescolare le carte. E rende più evidente nell’esperienza di tutti l’esistenza l’esistenza di una pluralità di spazi e tempi indipendenti. Anche Google contribuisce a una polverizzazione di spazio e tempo. La stessa ricerca fornisce risultati diversi a persone diverse, per luoghi diversi e in tempi diversi. Se fino al 2008 la ricerca “migliori osteria dell’Umbria” mostrava gli stessi risultati in qualsiasi parte d’Italia, a qualunque utente e con qualunque dispositivo, oggi non è più così.
La progettazione di esperienze (intese come nuovo tipo di offerta economica, distinta dai prodotti e dai servizi) impiega sempre più il tempo come materiale da costruzione. Il post-digitale rende tangibile l’idea di un tempo non lineare, o meglio la coesistenza di molteplici tempi che danzano simultaneamente. Internet of things, realtà aumentata, blended reality… rendono ogni luogo un potenziale palinsesto, dove il tempo può essere svolto e riavvolto a piacimento.
Penso ad esempio a progetti come StreetMuseum del Museum of London o al progetto Welcome to Rome una sorta di macchina del tempo, dedicata a presentare l’evoluzione di Roma nello spazio e nel tempo. O all’evoluzione rizomatica delle serie tv e di altre forme di narrazione seriale. Nel loro libro ?Infinite Possibility?, Joseph Pine e Kim Korn hanno elaborato un modello di design dell’esperienza a tre dimensioni: spazio (dove), materia (cosa), tempo (quando). Dalla combinazione di queste dimensioni derivano otto regni (realm), otto spazi di possibilità, otto campi da gioco per progettare esperienze. È ciò che gli autori chiamano multiverso.
Playing with time. Tempo e user experience design
L’ordine del tempo: una lezione di stile
Dio non ha disegnato il mondo con linee continue: lo ha tratteggiato a puntini con mano leggera come faceva Seurat (L’ordine del tempo, p. 76).
Così procede anche la scrittura di Rovelli. A tratti, a piccole pennellate, luminosa come un quadro impressionista. Quando deve spiegare concetti complessi, Rovelli non ricorre allo stile argomentativo del trattato ma alla poesia, all’arte, alla musica. Questo gli permette di parlare di fenomeni e teorie di estrema complessità con la leggerezza e la semplicità dei bambini.
Con i versi, quelli delle Odi di Orazio per lo più, si apre ogni capitolo del libro. La ragione di questa scelta è che per Rovelli fra poesia e scienza esiste una radice profonda: entrambe cercano di “vedere al di là del visibile” (p. 28). La scrittura di Rovelli è così molto più vicina alla poesia che alla prosa, procede lieve, con periodi brevi, a volte per ellissi che conferiscono al libro una levità rara. Capace di sintetizzare in poche pagine argomenti difficili senza ridurne la complessità, anzi entrandoci dentro fino in fondo. Attraverso questo stile vivido la complessità diventa percorribile, comprensibile.
Niente accademismi né tanto meno tecnicismi: pochi anche i termini tecnici, solo quando strettamente necessari e sempre introdotti con grazia. Ma soprattutto esattezza: precisione chirurgica sia nella scelta del lessico sia nella combinazione delle parole – mai scontate e per questo capaci di generare ricchezza.
Gli aspetti caratteristici del tempo, uno dopo l’altro, sono risultati essere approssimazioni, abbagli dovuti alla prospettiva, come la piattezza della Terra o il girare del sole … La prima parte del libro è il racconto di questo sfaldarsi del tempo.
La seconda parte descrive quello che resta alla fine. Un paesaggio vuoto e ventoso che sembra aver perso quasi traccia di temporalità. Un mondo strano, alieno; ma il nostro mondo … Un mondo essenziale che riluce di una bellezza arida, tersa e inquietante. La fisica su cui lavoro, la gravità quantistica, è lo sforzo di comprendere e dare senso coerente a questo paesaggio estremo e bellissimo: il mondo senza tempo (pp. 15-16).