Posizione del menu e falsi miti del design
Meglio la navigazione a sinistra o a destra? Meglio piuttosto riformulare la domanda. Perché ciò che conta davvero non è la posizione del menu ma la sua affordance (la capacità d'un oggetto d'essere riconosciuto come tale).
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Sulla base di una serie di test condotti con l’eye-tracking, Nielsen sostiene che l’attenzione degli utenti si concentrerebbe al 69% sulla porzione sinistra della pagina e solo al 31% su quella di destra. Ne deriva che i layout tradizionali con navigazione a sinistra sarebbero preferibili a quelli con navigazione a destra.
Web users spend 69% of their time viewing the left half of the page and 30% viewing the right half. A conventional layout is thus more likely to make sites profitable (Nielsen Norman Group, Horizontal Attention Leans Left).
Occhio all’errore
Ma il condizionale è d’obbligo. Non metto in dubbio i test con l’eye-tracking (sui quali però Nielsen non fornisce alcun dettaglio), ma la generalizzazione che ne deriva. Qui sta infatti il problema: l’eye-tracking ci consente di capire cosa guarda un determinato utente in una determinata pagina web, ma non perché (o meglio, questo è soggetto a interpretazione). Ecco il motivo per cui ricavare da questo comportamento specifico una euristica generale è pericoloso – o quanto meno va fatto con attenzione.
Mettendo in guardia dai limiti di questo approccio, Maurizio Boscarol commenta:
Nielsen si è dimenticato di dirci quante pagine, fra quelle viste dagli utenti nel suo esperimento, hanno effettivamente il layout con navigazione a sinistra! Non saranno mica, diciamo, attorno al 70%?… Perché se così fosse, i dati si potrebbero spiegare anche con il layout delle pagine viste. Potrebbe essere quello a determinare il pattern di visione (questa sarebbe la mia prima ipotesi). (Maurizio Boscarol, Nielsen e le contraddizioni sul layout a sinistra).
O forse, nei layout testati, a sinistra erano presenti elementi capaci di attrarre il focus attentivo. Oppure la navigazione (pur situata a destra) non era riconoscibile come tale dagli utenti. Insomma: dire che la maggioranza degli utenti sottoposti a test su un certo numero di pagine tendono a concentrarsi sulla colonna di sinistra della pagina non basta per trarne la generalizzazione: “gli utenti si aspettano la navigazione a sinistra”. Bisogna capire il perché di questo comportamento (e i dati forniti da Nielsen non ce lo permettono).
Posizione o affordance?
Non è il dove si posiziona il menu che è fondamentale ma il come; come questo è progettato e la sua capacità di essere riconosciuto e usato come tale, vale a dire la sua affordance. A dimostrazione che la posizione sia poco influente ci sono importanti evidenze:
- i test con utenti per il redesign del sito Audi, condotti su due layout speculari, uno con navigazione a destra e uno con navigazione a sinistra
- una serie di test con utenti condotti da Maurizio Boscarol e Sofia Postai.
Dai test che ho avuto modo di seguire da vicino, abbiamo trovato una “euristica” (forse nota, ma che io personalmente non conoscevo). Di fronte a un sito non conosciuto, almeno per il primo task (ma a volte anche per i primi due o tre) il soggetto tenta di trovare la soluzione nel corpo della pagina (forse per capire che razza di posto gli stiamo sottoponendo). Quando questa strategia fallisce, prova col menu. Quindi credo di poter supporre che il menu, se riconoscibile in quanto tale, si possa disporre in qualunque parte “privilegiata” della pagina: tanto non sarà guardato per primo…
Per evitare equivoci voglio sottolineare che questa nostra piccola “euristica” è emersa sia su siti progettati nel mio studio, sia su siti progettati da altri (per fugare il dubbio – su cui noi stessi abbiamo ironizzato – di non essere capaci di progettare i menu (Sofia Postai, email nella lista Webusabile, febbraio 2003).
A proposito, mentre stavo scrivendo questo articolo mi è venuto in mente il sito del MoMA: un magnifico esempio che un menu può stare senza problemi anche in basso, purché sia riconoscibile (affordance) e con bersagli sufficientemente ampi (legge di Fitts). Se poi pensiamo al mondo delle app, è comune avere menu in basso sotto forma di tab bar.
Euristiche e falsi miti
Nielsen non è certo nuovo a questo approccio normativo all’usabilità, fatto di ricette rigide e pronte all’uso più che di metodi e buone pratiche. E se questo poteva essere utile in un primo tempo per traghettare l’usabilità dalla ricerca di alto livello al mercato, oggi rischia senz’altro di essere dannoso.
Le euristiche rappresentano strumenti preziosi, ma che non dovrebbero mai essere disgiunti dall’analisi sul campo. Quando le euristiche scadono nel prescrittivismo si va fuori strada. Ad ogni forma di prescrittivismo va invece opposta la logica del buon senso o del “common sense” alla Krug.
Anche perché ricordiamoci che l’usabilità è per definizione legata a specifici utenti, specifici contesti e specifici obiettivi o compiti. Se una di queste variabili cambia, cambia anche il risultato.