Problemi dell’informazione: speciale architettura dell’informazione

Una bussola per capire da dove veniamo e dove stiamo andando, utile sia ai nuovi sia a coloro che già praticano l'architettura dell'informazione. La propone 'Problemi dell'informazione', rivista storica del giornalismo.

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Indice del numero

  1. Sistema sociale e sistema mediatico nell’età digitale
    Angelo Agostini
  2. Astronomi digitali. Gli architetti dell’informazione
    Federico Badaloni
  3. Ecosistemi fisico-digitali. Progettare e produrre per i media integrati
    Luca Rosati
  4. Digicont. Pensare e realizzare i contenuti digitali
    Raffaele Boiano
  5. Architetture, servizi e people power
    Maria Cristina Lavazza
  6. L’usabilità delle parole
    Yvonne Bindi
  7. Per una storia breve dell’architettura dell’informazione
    Andrea Resmini

Riporto di seguito un breve abstract di ciascun articolo, e qualche citazione capace di coglierne – per così dire – il mood.

Sistema sociale e sistema mediatico nell’età digitale

Cosa c’entra l’architettura dell’informazione col giornalismo (e i media più in generale)? Perché uno dei settori che più hanno a che fare con i “contenuti” è rimasto a lungo impermeabile a ciò che di contenuto per essenza si occupa? Forse perché oggi si continua a focalizzare l’attenzione sul “prodotto” anziché sull’ecosistema in cui questo abita.

Quel che è cambiato radicalmente è ciò che oggi chiamiamo “ecosistema dell’informazione”. […] la vita e l’eventuale successo dei contenuti nel nuovo ecosistema dell’informazione sono determinati dalla capacità dei contenuti stessi e di chi li produce nell’attivare, nutrire e far crescere relazioni […] Nell’architettura dell’informazione […] convivono infatti tanto la capacità di studiare il singolo oggetto […] quanto l’attenzione a inserire quella singola pratica o strumento d’informazione dentro l’ambiente mediatico nel quale viviamo (Angelo Agostini).

L’editoriale di Angelo Agostini è consultabile per intero su ISSUU.

Astronomi digitali. Gli architetti dell’informazione

Gli architetti dell’informazione sono astronomi. Perché guardano e studiano le galassie informative non (più) il singolo corpo. Il processo e l’insieme vale più delle sue parti.

in un ecosistema digitale la notizia, il racconto, è un processo. Non è un’istantanea del mondo così come appare alle nove di sera. […] Esistono astronomi in grado di raccontare questo universo: sono i cosiddetti “architetti dell’informazione” (Federico Badaloni).

Ecosistemi fisico-digitali. Progettare e produrre per i media integrati

Il concetto di ecosistema è al centro del mio articolo. Un ecosistema non più soltanto digitale, ma fisico-digitale, perché atomi e bit formano ormai un unico impasto. Propongo quindi alcune linee guida per progettare questa complessità.

Con l’evoluzione del prodotto in ecosistema, anche la fruizione e l’esperienza si trasformano, divenendo movimento e transito fra i vari elementi del sistema stesso, una sorta di gioco dell’oca (ubiquo e pervasivo) le cui caselle sono rappresentate dalle tessere cross-mediali del prodotto o servizio fruito. La maggioranza delle nostre esperienze […] configura cioè un processo – termine che significa appunto un’evoluzione nello spazio e nel tempo di azioni, fatti o comportamenti legati tra loro (Luca Rosati).

Digicont. Pensare e realizzare i contenuti digitali

Il responsive content design, progettare i contenuti in modo da adattarsi ai vari canali, è il tema dell’articolo di Raffaele Boiano. La vera sfida è progettare una semantica responsiva (responsive content), non semplicemente un layout responsivo (responsive design).

Scrivere tre notizie diverse ottimizzate per tre prodotti editoriali distinti legati a contesti d’uso specifici significa frammentare la gestione del contenuto, ossia moltiplicare l’attività editoriale […] È un modello organizzativo non sostenibile, perché moltiplica i costi di selezione, creazione e aggiornamento dei contenuti editoriali […] la responsività è l’obiettivo, non la soluzione. Ripensare il contenitore senza ripensare il contenuto significa non aver colto che “responsive design” significa prima di tutto “responsive content”. Per ricomporre la frattura delle redazioni separate occorre un ripensamento prima di tutto editoriale, puntando sulla capacità di progettare e realizzare “digicont”, contenuti adattabili ai diversi dispositivi e ai diversi contesti d’uso (Raffaele Boiano).

Architetture, servizi e people power

Oggi i prodotti sono sempre più servizi ed esperienze. Perciò Cristina Lavazza individua nella progettazione di servizi una delle nuove frontiere per l’architettura dell’informazione. In questo senso gioca un ruolo cruciale il co-design, la tecnica che coinvolge le persone nel processo di progettazione stessa. Oggi

c’è la necessità di ripensare l’informazione come un servizio e l’architettura dell’informazione come architettura di servizi. […] Tutto quello che oggi è anche conosciuto come service design. […]  Oggi c’è una crescente attenzione al coinvolgimento degli utenti di riferimento nella progettazione di prodotti e servizi. Le tecniche e i metodi del design partecipativo o codesign sono un universo variegato che attinge da discipline e campi trasversali come l’antropologia, gli studi sociali, l’etnografia e la costruzione sociale della tecnologia (Cristina Lavazza).

L’usabilità delle parole

Quando dire è fare. Fare cose con le parole. Potremmo sintetizzare così il cuore dell’articolo di Yvonne Bindi. Che ci porta esempi concreti dal TomTom alla ZTL, fino alle comunicazioni di Trenitalia (sigh!).

Ed è così che parole come Entra, Continua, Rivedi, Consiglia, Modifica, diventano come gli interruttori della luce sui muri, come le manopole dei fornelli del gas, come le maniglie delle porte che ci permettono di agire e di muoverci […] Accade mentre siamo su Internet, ma anche mentre sfogliamo un menù, o mentre cerchiamo il nostro gate in aeroporto. Se le parole sono sbagliate, o collocate in una posizione sbagliata, o aggregate in messaggi difficili esse diventano delle cattive consigliere, e ci conducono dritte all’errore. Per tutto questo credo che si possa a buon diritto parlare di usabilità delle parole (Yvonne Bindi).

Per una storia breve dell’architettura dell’informazione

Forse questo excursus storico di Andrea Resmini potrebbe sembrare accademico, ma non è così. Ripercorrere la storia di un sapere è il modo migliore per comprendere il suo presente e futuro. E, ancora una volta, la prospettiva sistemica è quella che emerge chiaramente da questa ricostruzione.

Per l’architettura dell’informazione, questo segna l’inizio di una nuova fase pervasiva: la progettazione di spazi informativi diviene progettazione non di un artefatto isolato, un sito web o un’applicazione mobile, ma design di processi e di servizi che si aprono verso il mondo fisico (ubiquitous computing, augmented reality), in cui l’architetto dell’informazione struttura un ecosistema condiviso fisico-digitale. […]  Siamo parte di un sistema complesso in cui il digitale non può più essere escluso chiudendo il browser: il mondo (certamente più semplice) a cui guardavano Rosenfeld e Morville accontentandosi di quello che la lente della biblioteconomia poteva fare per rendere il Web (e solo il Web) confortevole e fruibile, non c’è più (Andrea Resmini).