33 funamboliche storie di facilitazione

Un libro collettivo sulla facilitazione, 33 storie il cui fulcro è il cambiamento, 33 lezioni per ogni designer (ux, content, copy): sono questi gli ingredienti del libro '33 funamboliche storie di facilitazione. Lavorare con i gruppi e imparare da tutto quello che succede sul campo'.

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Indice

Il designer-facilitatore

Un crash course, un distillato di pura pratica sulla facilitazione. Così le curatrici – Cristina Lavazza e Sara Seravalle – hanno definito 33 funamboliche storie di facilitazione. Lavorare con i gruppi e imparare da tutto quello che succede sul campo (UXU Edizioni). Un libro collettivo che racconta il lavoro di facilitatrici e facilitatori che si confrontano ogni giorno con gruppi di persone. Al centro di ogni storia c’è il cambiamento, eventi piccoli o grandi che hanno cambiato il modo di lavorare degli autori.

Perché dovrebbe interessarci un libro sulla facilitazione? Perché anche noi designer siamo facilitatori, lo siamo e lo saremo sempre più. Lo scenario in cui lavoriamo e viviamo è connotato da una complessità crescente: la proliferazione dei dispositivi, l’ibridazione di fisico e digitale, la diffusione capillare dell’intelligenza artificiale generativa. In questo scenario il designer è sempre meno autore e sempre più facilitatore di relazioni e processi, un accompagnatore per e verso il cambiamento. È in atto un’evoluzione della user experience da disciplina di progettazione in senso stretto a componente cruciale della strategia aziendale e dell’innovazione.

Valore del detour

Il detour, l’imprevisto, la cosa che non va per il verso giusto sono al centro delle storie di facilitazione che compongono il libro. Che succede se di punto in bianco introduciamo la progettazione partecipativa in una holding che è sempre stata rigidamente gerarchica? Come fare se giunti nell’azienda dove dobbiamo tenere il nostro laboratorio di co-design ci rendiamo conto di aver dimenticato in treno la cartella con tutto il materiale preparato nei minimi dettagli? E ancora: cosa accade se a un workshop sull’inclusione, con mattoncini Lego rigorosamente ordinati per colore, una delle partecipanti è cieca?

I social e le conferenze abbondano di casi di successo; tutti hanno successo, tutti sono campioni di qualche cosa, tutti hanno le loro mostrine e stellette. Invece non si racconta quasi mai l’errore, la crisi, la caduta, perché l’errore spaventa, è sconveniente. Eppure nella nostra carriera tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta il deragliamento, l’ansia e la frustrazione per un progetto che ha preso la piega sbagliata.

Ecco, da queste storie di deriva si può apprendere moltissimo. Si può anche ridere, si può imparare ad accettarle e per questo gestirle. Vederle perfino come un’opportunità. Queste storie ci insegnano che le cadute non sono dei fallimenti, ma strade interrotte di un labirinto, strade che è giocoforza imboccare per trovare quella giusta. Non ci divertiremmo più se nei labirinti di specchi del lunapark trovassimo subito l’uscita. Per inciso: l’italiano errore deriva dal latino errare che letteralmente significa vagare, aggirarsi, uscire di strada; e di qui, in senso figurato, sbagliare.

Una visione plurale

La pluralità dei punti di vista e delle “discipline” è l’altra specificità di questo libro. Gli autori e le autrici dei 33 capitoli sono professionisti che lavorano in campi assai variegati, apparentemente molto lontani fra loro. Ma solo apparentemente, per l’appunto. Ecco, questa prospettiva plurale è l’altro valore aggiunto di questo libro, perché i confini tra i saperi e discipline stanno svanendo e perché aprirsi all’idea di un detour anche fra le professioni può arricchire il nostro modo di lavorare.

Coda

Offramp è il titolo di un celebre album del Pat Metheny Group, un album che amo molto. Considerato una sorta di emblema del jazz fusion, Offramp è un impasto di sonorità composite, dissonanti, arcane. “Offramp” vuol dire “svincolo autostradale, via d’uscita”.

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Indice e introduzione del libro nel sito dell’editore