Usabilità delle parole al museo
Il contesto di lettura influenza in modo cruciale l'usabilità di un testo. Al Museo delle sinopie di Pisa sembrano ignorarlo: i pannelli esplicativi abbondano di contenuti non adatti alle condizioni di lettura tipiche di un museo.
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Prendiamo questa frase:
Il fedele è poi chiamato alla meditazione ascetica attraverso i più moderni exempla delle vite dei santi pisani – narrate per mano di un pittore caro ai domenicani, il fiorentino Andrea Buonaiuti, e di altri due tra i più celebri artisti del momento, Antonio Veneziano e Spinello Aretino – e dalla rilettura delle storie veterotestamentarie, affidate al pennello di Piero di Puccio e completate nel ‘400 da Benozzo Gozzoli.
Alcuni di voi stanno probabilmente leggendo queste parole sullo schermo del computer, seduti; altri sullo schermo del tablet o dello smartphone, in movimento (forse la maggioranza). Immaginate ora di dover leggere questo testo in piedi, su un un pannello bordeaux, a una distanza di 1,5-2 metri, con altre persone che passano davanti, in un luogo con un’illuminazione soffusa. In effetti è proprio questo il contesto delle parole che ho riportato. Che sono estratte dai pannelli esplicativi del Museo delle sinopie di Pisa, museo che raccoglie principalmente i disegni preparatori degli affreschi del Camposanto (detti appunto sinopie).
La maggioranza dei pannelli del museo contiene testi faticosissimi, che costringono spesso alla rilettura per via dei molti incisi e più in generale di una sintassi che altera continuamente l’ordine standard degli elementi soggetto + verbo + complemento. Certo, il ricorso a un ordine non standard è lecito e utile in molti casi, ma non quando leggibilità e chiarezza sono l’obiettivo principale di un testo.
L’impressione è quella di contenuti nati per la carta e riversati tali e quali sulle pareti, concepiti in ogni caso senza tener conto del loro contesto, dell’obiettivo e del pubblico. I problemi di fondo:
- sintassi con molti incisi e subordinate (ipotassi), che risulterebbe faticosa anche su carta
- ignoranza del contesto; il testo di un pannello è fatto sì per essere letto ma in condizioni diverse da quelle di un testo per la carta: in piedi, non rilassati su un divano (lean forward vs lean back), in condizioni talvolta scomode e con una luce non sempre ottimale
- giustificazione del testo, che se rallenta la lettura per tutti crea difficoltà insormontabili ai dislessici
- scarso contrasto fra testo e sfondo; in alcuni pannelli il testo è sovrapposto a foto e disegni che ne compromettono la leggibilità
- autoreferenzialità, stile complessivo non pensato per i visitatori.
In generale, siamo molto lontani dall’idea di un museo capace di plasmarsi sulle effettive esigenze, gli stili e i gusti del pubblico. Proprio in un post dedicato all’arte, Luisa Carrada scrive:
Quante volte ho pensato dentro di me “Togliete ai curatori apparati didattici, testi di pannelli e audioguide!” […] sui pannelli trionfano periodi composti anche di 90-100 parole, assolutamente illeggibili per chiunque. I linguisti sono chiari: un periodo altamente leggibile in un testo informativo è fatto di 25-30 parole, non di più. Un pannello in corpo piccolo, con l’impaginazione giustificata e lo sfondo bordeaux, da leggere in piedi, deve forse averne ancora meno.
Per approfondire
- Yvonne Bindi, L’usabilità delle parole
- Luisa Carrada, Parlare e scrivere di arte, la cosa più concreta che ci sia
- Francesco Antinucci, Il museo ‘esclusivo’ e l’egemonia dei curatori museali. Il caso italiano